Caro Maurizio, la tua storia mi fa pensare a quella di San Paolo: anche a Lui capitò, durante un viaggio, di essere chiamato da Dio a ricredersi su quanto aveva, fino ad allora, fatto. Gli Atti degli Apostoli (9, 3-8; 22, 6-11; 26, 12-28) ci mostra uno stile di vita non certo esemplare che ha visto Paolo gioire e influire nel comportamento dei primi cristiani attraverso punizioni corporali di vari generi. Ma quando meno poteva aspettarlo ecco il Signore che si presentò a chiedergli un qualche resoconto!! Tu, Maurizio, non hai mai infierito su nessuno né ti sei permesso di perseguitare alcuno, ma hai forse vissuto per un certo periodo come tanti altri, me compreso, un distacco da ciò che poteva essere il discorso dell'impegno nella Chiesa; non per contestare ciò che poteva proporre, ma solo per disinteresse, apatia: diciamo che c'erano tante cose che catalizzavano la tua attenzione (come anche la mia). Come ci insegna la parola di Dio "Non si sa quando il Signore arriva", quando lo Spirito Santo decide che è bene richiamare all'ordine. I nostri genitori ci hanno insegnato che è bene essere timorati di Dio (timore reverenziale naturalmente), che siamo sulla Terra solo perché Lui ci ha voluti e che ogni uomo è chiamato a prendere su di sé la propria responsabilità, ciascuno di noi, cosciente dei doni che ha ricevuto, è invitato a metterli a disposizione degli altri. Quando da piccoli ci hanno costretti a frequentare il catechismo per poter ricevere la Prima Comunione e la Cresima, abbiamo avuto, probabilmente, momenti di rigetto; abbiamo pensato, da giovani, che sarebbe stato poco opportuno perdere il nostro tempo in chiesa per partecipare alla S.Messa e ci siamo rivolti ai sacerdoti solo in casi di assoluta necessità. Abbiamo preferito frequentare altri ambienti, meno impegnativi, socialmente alti, ricchi di esteriorità ma privi di sostanza. Quando poi il Signore ci è venuto incontro (e ciascuno di noi l'ha incontrato in luoghi ed esperienze diverse) abbiamo, da adulti, capito realmente che non c'era tempo da perdere ed occorreva impegnarsi in prima persona perché "il Regno di Dio avesse il sopravvento sulla terra". L'esperienza di Dio ha cambiato e cambia, giorno per giorno, ciascuno di noi. La frequentazione di ambienti ecclesiali, nel tuo caso diversi movimenti e comunità, ci indirizza verso obiettivi più o meno precisi, ci offre la possibilità di scegliere come arrivare ai nostri fratelli attraverso diversi ambiti pastorali. Il carisma che il Signore ti ha dato è sicuramente singolare rispetto a tanti altri: cantare il Suo nome, cantare le Sue opere, la Sua gloria, lodarLo e RingraziarLo. Tu, Maurizio, sei partito cantando i brani dei cantautori che hanno segnato un'epoca nella musica leggera italiana ed hanno accompagnato l'adolescenza e la prima giovinezza di tanti di noi. Forse ispirandoti a qualcuno di loro, hai composto nel Marzo '88 il tuo primo brano che inizialmente hai tenuto un tantino nascosto. Ti sei poi reso conto che avevi qualcosa di personale da dire, avevi da raccontare l'Esperienza che di Dio avevi fatto; a questo punto, un brano era insufficiente a narrare le vicende personali che si erano venute a concretizzare tra te e il Signore e, quindi hai composto altre storie musicate che hanno portato nel 1999 alla realizzazione del primo album (di prossima pubblicazione). Essere cantautore di Dio è, nel tuo caso, rappresentare la Sardegna nell'associazione "Il mio Dio canta giovane"; comporta un ulteriore onere (o meglio onore) che consiste nel prendere parte agli incontri del suddetto sodalizio. Sei stato, nell'Aprile del '99, a Pompei per prendere parte al "1° Interconvegno di Artisti Cristiani", nel quale hai mostrato a testa alta il tuo talento. L'Esperienza (sia come titolo del brano che come fase di vita vissuta) è lo specchio della tua esistenza da quando, l'11 Ottobre del 1963 a Cagliari hai visto la luce: è molto conosciuta in città e narra gioie, paure, speranze comuni (probabilmente) a tanti di noi. Il mondo musicale è tempestato di avventurieri che poco avrebbero da dire mentre un caso particolare è costituito certamente dai cantautori religiosi che in Sardegna (diversamente da quanto accade altrove) hanno poco seguito. È giusto che chi "ha la lampada non la celi sotto il moggio ma la metta nel lucerniere" (Mc 4, 21-22) ed è ciò che tu hai fatto, caro Maurizio, proponendo il tuo primo lavoro discografico, nel quale dialoghi con Dio con una voce che mi ricorda tantissimo quella del grandissimo (e recentemente scomparso) Fabrizio De André. Col passare del tempo le esperienze e le occasioni di testimonianza si sono moltiplicate ed eccoti, nell'estate del 2000, prendere parte ad un "incontragiovani" promosso in concomitanza con la 15^ Giornata Mondiale della Gioventù, riproposto in scala regionale, a Desulo qualche settimana dopo. Tante diverse opportunità di maturazione, dunque, che hanno determinato in te la necessità di raccontare altre parti del tuo "vissuto personale". Così mi spiego la realizzazione del nuovo album "Discorrendo fra cielo e terra" (2004), un ulteriore "tassello" verso la costruzione della comunità ecclesiale intesa come famiglia in senso ampio, come consorzio di persone che collaborano alla costruzione dello stesso progetto di salvezza. Un lavoro questo, che viene considerato dagli addetti ai lavori, un piccolo capolavoro della musica cristiana. La voglia di comunicare che hai caro, è veramente tanta, ed allora l'occasione arriva propizia con il centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria, un nuovo lavoro "25 Marzo 1370" (giorno dell'arrivo della cassa contenente il simulacro della Madonna di Bonaria sulle sponde di Cagliari). E qui credo ti sia veramente superato regalandoci l'inno ufficiale della Madonna di Bonaria in chiave Jazz, semplicemente sublime. Caro Maurizio che dirti ancora, grazie per quello che sei e per quello che fai, nonostante tante e tante difficoltà, vai avanti per la tua strada a testa alta, son sicuro che avrai tante altre storie da raccontarci, che ci daranno ancora spunto di riflessione. Credo che la musica cristiana abbia fatto proprio un bell'affare nel scritturarti. Concludo ringraziandoti per l'amicizia che condividiamo ormai dal secolo scorso, affinchè questa resti sempre libera, fresca. Silvio Cherchi, giornalista cattolico
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